"...non sono capace, mentre delle bravissime colleghe lo sono, di mettere quaranta nomi in cinquanta righe dicendo che sono tutti bravi. Non si capisce perchè puoi dire che i capi di governo hanno fatto degli errori, invece quando parli di moda sono tutti perfetti...
...Le cose inutili non si rilevano. Un criminale che sfila non si rileva (Corona n.d.r.)...
...La moda non ha capito che si è fatta male da sola, perchè è vero che tutti hanno due righe sui giornali, però ne ha due chi meriterebbe di più e chi nulla...
...Il tanga ha ucciso la moda e il sesso...Oggi c'è il vestire, il poter comprare a tutti i prezzi, ma la moda è finita negli anni novanta..."
da un'intervista su D la repubblica delle donne del 14 Luglio 2007
venerdì 24 agosto 2007
martedì 21 agosto 2007
dicono dell'a.i. 2007/2008
"sono ossessionata dall'innovazione: ho lavorato sui colori e sui materiali, creando nuove e complesse combinazioni, per dare modernità alla collezione"
miuccia prada
"la mia collezione incarna una donna libera, che fa del glamour la propria arma di seduzione...un pò Gloria Swanson e molto Veronica Lake, con un pizzico di Charlize Theron e una buona dose di Sharon Stone"
roberto cavalli
miuccia prada
"la mia collezione incarna una donna libera, che fa del glamour la propria arma di seduzione...un pò Gloria Swanson e molto Veronica Lake, con un pizzico di Charlize Theron e una buona dose di Sharon Stone"
roberto cavalli
i nostri figli
Il giorno in cui Nicolas Ghesquiere entra nello studio di Jean Paul Gaultier ha ventun anni. E’ molto emozionato, e nei lunghi minuti in cui lo fanno attendere alla reception chiude gli occhi e immagina di trovarsi tra i verdi ed eleganti campi da golf che suo padre amministra, si vede sdraiato lì in mezzo e si rilassa. Quando riapre gli occhi davanti a lui c’è un simpatico signore con i capelli rasati e molti tatuaggi che lo guarda incuriosito. E poco dopo gli offre un lavoro.
Nicolas non avrebbe mai immaginato che da lì a qualche anno sarebbe diventato “il più influente designer sulla faccia della terra” , per usare le scarne parole di Vogue America.
Nei due anni che passa chez Gaultier incamera l’essenza della moda parigina, assorbe lo stress da cambiamento stagionale e capisce che ne può fare un paradigma, piega lo sguardo di fronte alla precisione millimetrica per le scelte stilistiche del suo maitre de couture e ne impara i segreti.
Poi se ne va e prende una direzione che lo porterà ad incenerire l’eredità di Jean Paul. Oltre che quella di tutti gli ormai cinquantenni creatori figli degli anni ottanta.
Quando nel 1995 Stefano Pilati sale per la prima volta le poche scale del quartier generale di Prada in Via Spartaco pensa di essere arrivato ad un traguardo nella sua vita lavorativa. Poi pensa che non sarà all’altezza del compito. Poi pensa che la sua educazione borghese che ha imparato a rifiutare forse lo aiuterà.
Nei lunghi anni passati a sperimentare stampe, lavorazioni e finissagi nell’ufficio tessuti acquisisce un rigore giansenistico che lo aiuta ad abbassare la testa ogni volta che gli è richiesto. Ma impara anche quanto la libertà creativa sorga spontanea da un intelletto forte.
Quando nel 2004 il mondo della moda si frantuma di fronte all’uscita di scena di Tom Ford è pronto a prenderne il posto da Yves Saint Laurent. E sente che per la prima volta gli è concesso di alzare la testa. Definitivamente.
Di lui Suzy Menkes, forse la più autorevole giornalista di moda del mondo, dice che è riuscito ad arrivare all’anima del marchio. Parla di “class act”.
Hanno qualcosa in comune questi due acclamati talenti? Non l’età, non la nazionalità, non l’approccio verso il design e neanche il gusto personale. Non vendono allo stesso pubblico, né appartengono allo stesso gruppo finanziario. Non hanno riferimenti culturali o estetici in comune, non amano le stesse icone, gli stessi film, la stessa musica.
Il loro legame è una approccio incredibilmente etico verso la moda. Una partecipazione responsabile al contesto socioculturale che li circonda, una capacità comunicativa che va molto oltre il segno estetico e riesce a inglobare una visione del mondo futuribile pensando a scenari sostenibili. E questo è probabilmente l’unico vero passo avanti che la moda ha fatto, anche attraverso di loro, negli ultimi dieci anni.
Nella sua ultima collezione Balenciaga per l’autunno inverno 2007-2008 Nicolas Ghesquiere disegna un mondo che finalmente non ha confini. Un mondo che sarebbe piaciuto a John Lennon ma che piacerebbe molto anche ad Al Gore. Raccoglie segni da tutte le etnie del mondo costringendoli a coesistere con il rigore delle uniformi dei college inglesi. Imbandisce una festa scolastica che raccoglie nel cortile centrale giovani studenti da tutto il mondo. Che parlano una lingua uguale per tutti e le cui individualità non si riconoscono più perché ne esce una nuova, universale.
Forse sono i figli di Myspace e Youtube ma di certo non pensano di vivere dentro Secondlife.
Le forme della collezione sono occidentali, la silhouette quotidiana, i materiali consueti. Ma colori e motivi stranieri irrompono creando spaccature sulle superfici piatte, deformando la costruzione armonica dell’abbigliamento borghese, stridendo e quasi soccombendo alla pressione estetica. Il caos che ne deriva è liberatorio e allo stesso tempo elegante, rispettoso della cultura europea e insieme anarchico.
Stefano Pilati si occupa solo apparentemente di ascetismo. Usa ogni capo come una grigia pietra focaia per accendere la passione di chi guarda e nella sua collezione autunno-inverno 2007/2008 discende nell’antro umido e polveroso dell’alta moda per fare piazza pulita della paura di cambiamento, sua e del mondo. Da quando è arrivato alla direzione creativa di Yves Saint Laurent è stato rispettoso della grandiosità del nome, della pesantezza dell’eredità, dei giudizi della stampa, ha camminato lentamente sentendosi guardato a vista. Liberato improvvisamente da ogni vincolo ha lavorato sul concetto di spreco, eliminando tagli inutili, costruendo silhouettes più semplici da tagliare, usando addirittura gli stessi cartamodelli per fare cappotti e abiti. Non allontanandosi dalla centralità del tema del lusso, ha tagliato via tutto il superfluo tornando a raccontare una storia di creatività essenziale.
Per entrambi la moda può di nuovo raccontare storie. Come negli anni ottanta descriveva un pericoloso ma eccitante eclettismo estetico ed etico, una conflittualità tra generi e razze che sarebbe presto esplosa in infinite guerre, così oggi il corpo smette di essere un valore assoluto e torna ad essere un tramite di messaggio, o come dice Baudrillard “metafora di sé stesso”. Tornare a leggere il significato della moda e la sua attinenza al sociale è tornato possibile, anzi necessario. E dopo l’ubriacatura chirurgo estetica degli anni novanta l’abito può ricominciare a vestire il corpo, e quindi il mondo, sfumandone il senso, allargandolo, ridescrivendolo. Immaginandolo migliore.
Nicolas non avrebbe mai immaginato che da lì a qualche anno sarebbe diventato “il più influente designer sulla faccia della terra” , per usare le scarne parole di Vogue America.
Nei due anni che passa chez Gaultier incamera l’essenza della moda parigina, assorbe lo stress da cambiamento stagionale e capisce che ne può fare un paradigma, piega lo sguardo di fronte alla precisione millimetrica per le scelte stilistiche del suo maitre de couture e ne impara i segreti.
Poi se ne va e prende una direzione che lo porterà ad incenerire l’eredità di Jean Paul. Oltre che quella di tutti gli ormai cinquantenni creatori figli degli anni ottanta.
Quando nel 1995 Stefano Pilati sale per la prima volta le poche scale del quartier generale di Prada in Via Spartaco pensa di essere arrivato ad un traguardo nella sua vita lavorativa. Poi pensa che non sarà all’altezza del compito. Poi pensa che la sua educazione borghese che ha imparato a rifiutare forse lo aiuterà.
Nei lunghi anni passati a sperimentare stampe, lavorazioni e finissagi nell’ufficio tessuti acquisisce un rigore giansenistico che lo aiuta ad abbassare la testa ogni volta che gli è richiesto. Ma impara anche quanto la libertà creativa sorga spontanea da un intelletto forte.
Quando nel 2004 il mondo della moda si frantuma di fronte all’uscita di scena di Tom Ford è pronto a prenderne il posto da Yves Saint Laurent. E sente che per la prima volta gli è concesso di alzare la testa. Definitivamente.
Di lui Suzy Menkes, forse la più autorevole giornalista di moda del mondo, dice che è riuscito ad arrivare all’anima del marchio. Parla di “class act”.
Hanno qualcosa in comune questi due acclamati talenti? Non l’età, non la nazionalità, non l’approccio verso il design e neanche il gusto personale. Non vendono allo stesso pubblico, né appartengono allo stesso gruppo finanziario. Non hanno riferimenti culturali o estetici in comune, non amano le stesse icone, gli stessi film, la stessa musica.
Il loro legame è una approccio incredibilmente etico verso la moda. Una partecipazione responsabile al contesto socioculturale che li circonda, una capacità comunicativa che va molto oltre il segno estetico e riesce a inglobare una visione del mondo futuribile pensando a scenari sostenibili. E questo è probabilmente l’unico vero passo avanti che la moda ha fatto, anche attraverso di loro, negli ultimi dieci anni.
Nella sua ultima collezione Balenciaga per l’autunno inverno 2007-2008 Nicolas Ghesquiere disegna un mondo che finalmente non ha confini. Un mondo che sarebbe piaciuto a John Lennon ma che piacerebbe molto anche ad Al Gore. Raccoglie segni da tutte le etnie del mondo costringendoli a coesistere con il rigore delle uniformi dei college inglesi. Imbandisce una festa scolastica che raccoglie nel cortile centrale giovani studenti da tutto il mondo. Che parlano una lingua uguale per tutti e le cui individualità non si riconoscono più perché ne esce una nuova, universale.
Forse sono i figli di Myspace e Youtube ma di certo non pensano di vivere dentro Secondlife.
Le forme della collezione sono occidentali, la silhouette quotidiana, i materiali consueti. Ma colori e motivi stranieri irrompono creando spaccature sulle superfici piatte, deformando la costruzione armonica dell’abbigliamento borghese, stridendo e quasi soccombendo alla pressione estetica. Il caos che ne deriva è liberatorio e allo stesso tempo elegante, rispettoso della cultura europea e insieme anarchico.
Stefano Pilati si occupa solo apparentemente di ascetismo. Usa ogni capo come una grigia pietra focaia per accendere la passione di chi guarda e nella sua collezione autunno-inverno 2007/2008 discende nell’antro umido e polveroso dell’alta moda per fare piazza pulita della paura di cambiamento, sua e del mondo. Da quando è arrivato alla direzione creativa di Yves Saint Laurent è stato rispettoso della grandiosità del nome, della pesantezza dell’eredità, dei giudizi della stampa, ha camminato lentamente sentendosi guardato a vista. Liberato improvvisamente da ogni vincolo ha lavorato sul concetto di spreco, eliminando tagli inutili, costruendo silhouettes più semplici da tagliare, usando addirittura gli stessi cartamodelli per fare cappotti e abiti. Non allontanandosi dalla centralità del tema del lusso, ha tagliato via tutto il superfluo tornando a raccontare una storia di creatività essenziale.
Per entrambi la moda può di nuovo raccontare storie. Come negli anni ottanta descriveva un pericoloso ma eccitante eclettismo estetico ed etico, una conflittualità tra generi e razze che sarebbe presto esplosa in infinite guerre, così oggi il corpo smette di essere un valore assoluto e torna ad essere un tramite di messaggio, o come dice Baudrillard “metafora di sé stesso”. Tornare a leggere il significato della moda e la sua attinenza al sociale è tornato possibile, anzi necessario. E dopo l’ubriacatura chirurgo estetica degli anni novanta l’abito può ricominciare a vestire il corpo, e quindi il mondo, sfumandone il senso, allargandolo, ridescrivendolo. Immaginandolo migliore.
venerdì 17 agosto 2007
Perchè sollevare la questione
Perchè di moda ed etica si parla semplicemente troppo poco.
Vorrei che questo diventasse un posto da cui fare un serio punto della situazione.
Innanzitutto raccogliendo materiale, esperienze, opinioni, links.
Vorrei che questo diventasse un posto da cui fare un serio punto della situazione.
Innanzitutto raccogliendo materiale, esperienze, opinioni, links.
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