domenica 25 novembre 2007

il diavolo non veste prada

Arriva su Sky in questi giorni "Il diavolo veste Prada" e si aspetta con ansia la puntata di Report di Milena Gabbanelli sulle connessioni e/o connivenze tra moda ed editoria. Il mondo della moda affronta un inverno da cui si risveglierà diverso: molti marchi importanti (tra cui Prada) arriveranno alla quotazione in borsa, molti misteri su nuovi progetti verranno svelati (Schiapparelli, Halston) e sostanzialmente la geografia industriale tenterà di adeguarsi ad un calo di consumi dovuto all'Euro troppo forte e tenterà di serrare i ranghi per trovare una risposta all'incombenza di Cina e India.
L'ex paradiso della Milano da bere non esiste più da molto tempo.Non esistono più scatenati stilisti che fanno fortune (o sfortune) di piccole aziende, nè geniali manager che decidono di puntare tutto su marchi mai sentiti nominare e non esistono più giornaliste che con un facile colpo di penna stilografica firmano rubriche che decretano l'ascesa ai vertici di sconosciuti creatori.
Il sistema moda italiano vive di aziende medie e medio-grandi che fino a poco tempo fa avevano nonni, zii e parenti nel consiglio di amministrazione che non avevano gli strumenti per capire i cambiamenti sociali nè la capacità per agire di conseguenza. Un universo frammentato e lontano dal centro, periferico non solo geograficamente ma anche intellettualmente. E inoltre in Italia l'imprenditoria di moda aveva vissuto autonomamente rispetto agli altri comparti industriali, rispetto al sistema finanziario e a quello politico, esercitando una cieca teocrazia sul suo territorio e dimostrandosi diffidente ad ogni intervento esterno.
Ma il tempo passa e il mercato si globalizza e anche le piccole aziende in provincia di Modena o di Rimini devono decidersi ad affrontare una sfida mondiale.
E' opinione diffusa che in questo scenario il sistema editoriale italiano si inserisca come un alligatore in una palude piena di naufraghi stanchi, aspettando quieto di azzannare il più debole, succhiandone le energie economiche attraverso inutili e dispendiose pianificazioni stampa.
Di questo peccato capitale e, vicino a questo, di un uso privato del potere che ne deriva è spesso stata accusata l'omologa italiana della protagonista del film con Meryl Streep. Di questo e di molto altro. Ma in buona sostanza di avere, attraverso un potere immenso e dai contorni quasi sopranaturali, bloccato nel tempo e nello spazio il naturale sviluppo del sistema moda piegandolo alla sua volontà e quindi alle sue amicizie, alle sue parentele e spesso anche ai suoi capricci.
Da questa cartolina semplificata, che senz'altro meriterebbe un maggiore approfondimento, si lasciano fuori però molti dettagli.
Il primo è che, malgrado tutto, negli ultimi dieci anni l'industria della moda italiana si è ingrandita in maniera intelligente dando vita non solo a gruppi industriali solidi e in grado di competere con i francesi e gli americani, ma anche accogliendo innovazione e managerializzazione con una velocità che ha pochi paragoni.
E che a queste esperienze apparentemente semimiracolose la vicinanza di personaggi vestiti o no Prada non ha fatto per niente male ma caso mai li ha condotti più rapidamente al successo.
Il secondo punto è che, sempre in questi dieci anni, la parte dell'editoria che ancora si chiama femminile si è riempita di iniziative mangiasoldi che hanno raggiunto livelli grotteschi e che alla qualità hanno dedicato una colonna a pagina 273. Le edicole oggi sono piene di volumoni intrasportabili zeppi di pubblicità che riempiono le casse di tutti gli editori in maniera veramente bipartisan. Di respiro internazionale, qualità e ricerca neanche l'ombra. Tranne stranamente nei giornali della nerovestita cattivona che semplicemente ospitano e sono letti da chiunque abbia senso di esitere nel mondo della moda.
L'unione tra un punto di produzione di idee e il sistema moda ha prodotto più di un incontrovertibile risultato. Inutile neanche provare ad elencarli.
Ma è più semplice accettare racconti macchiettistici di direttrici furiosamente perverse e tristemente sole che interrogarsi su quanto gli ossimori a volte non siano risolvibili ma i risultati invece siano sempre visibili.

domenica 4 novembre 2007

scuola di moda - episodio 1




Marchio: Balenciaga
Designer: Nicolas Guequière
Collezione: p.e. 2008

Come molti marchi francesi il nostro numero uno ha un lungo e glorioso passato.
Fondato da Cristobal Balenciaga, spagnolo, classe 1895, esplode nel mondo della couture parigina all'inizio degli anni cinquanta. Duetta per il riconoscimento di massimo couturier di tutti i tempi con Christian Dior, francesissimo e dotatissimo anche lui, da quei tempi.Quello che Monsieur Balenciaga riesce a fare è semplice: scardina le vetuste regole della sartoria pre-guerra mondiale dove le pieghe stavano dove dovevano stare e ridisegna il corpo femminile con matita e forbice non ponendosi praticamente nessun limite.
Sarebbe piaciuto molto a Zaha Adid il suo spolverino in organza a forma di uovo che aveva bisogno di una sola cucitura per essere fatto.
Il tempo passa e i couturier muoiono lasciando al mondo gravi problemi di eredità.
Nel 1997, dopo più di un momento difficile, gli allora proprietari del marchio affidano la direzione creativa al giovane e promettente Nicolas Guesquière.
Facendo la mossa più intelligente mai fatta nel mondo della moda.
Oggi Balenciaga è semplicemente il marchio più adorato e cool del mondo.
Nicolas continua a lavorare in parallelo sull'eredità del maestro e sulla contemporaneità. Esplora il mondo di oggi guardandolo da molto lontano o da molto vicino.
Questa stagione ha voluto far ballare un passo a due al decadente universo fiorito delle tappezzerie ottocentesche e alle rigide costruzioni sartoriali dei corsetti dell'alta moda anni cinquanta.
Il risultato è un tutt'uno indistinguibile, a cui le categorie di bello e brutto sfuggono, ma che da un messaggio tanto incisivo quanto violento.
La leggiadria dei fiori e la rigidità delle forme scolpite nel neoprene sono un paradosso irrisolvibile.
Per quanto possa essere complicato da capire per i neofiti, Balenciaga è uno dei pochi progetti che racconta come la moda sia capace di leggere il presente avendo la buona creanza di non dimenticarsi che cos'è il passato.

scuola di moda - prologo

dopo il post arrabbiato di diego che, giustamente, urla il suo sconforto nei confronti di un elenco di nomi a lui incomprensibili, ho pensato a chi di moda non ne capisce una mazza ma è d'accordo sul principio di base che anima questo blog.
per questi avventurieri del web che pensano che ci sia da imparare anche dai taffetà e gli sbiechi, parte l'episodio uno della scuola di moda.
dove finalmente il difficile diventerà facile, l'incomprensibile comprensibile, il lontano vicino. perchè il settarismo non è etico.

sarà un pò lunga ma ce la possiamo fare.

tutto ciò è dedicato, ovviamente, a diego.