sabato 29 settembre 2007

gentili lettori

Cari lettori tutti,

è inutile che mi facciate i complimenti per il blog.
Questo posto serve per scatenare discussioni.
Per il momento invece è morto.
Per colpa vostra, non certo mia.
Fate qualcosa, ve ne prego.
Ce le avrete pure delle opinioni, no?
E le potete esprimere anche in forma anonima se volete.

as fashion shows go by


Finite anche questa volta le sfilate milanesi, verrebbe da fare un bilancio.
Non tanto su quali siano i trend della prossima stagione. Domanda che ha smesso di interessare anche la velina più incallita. Ma sul significato di quello che è successo, anzi sul quanto significante sia quello che è successo.
Davanti ad un bicchiere di gin tonic verde subito dopo la sfilata di Prada, ancora elettrizzato, condividevo l'estasi intellettual/visiva con un gruppetto di giornalisti.
La mattina dopo, davanti ad un caffè sotto un cielo di pioggia, condividevo la stessa estasi stavolta con un direttore di giornale.
E in serata, condividevo sempre la solita estasi con una allegra community di modaioli amici.
L'estasi che veniva dalla sconvolgente forza di un pensiero, di una visione.
Quella di un'allegra ed attempata Miuccia Prada che di nuovo aveva dato una prova di coraggio.
Con una ricetta apparentemente semplice: si prende ogni singolo elemento su cui si può lavorare, dai materiali, ai colori, le forme, la decorazione, fino alla scenografia, la musica e i colori dei drinks e si spinge tutto al di fuori dei limiti dell'ordinaria accettabilità.
La signora Prada dice addirittura che il tema su cui ha lavorato, la fragilità e il lato onirico del femminile, sono cose che le danno il voltastomaco. E per questo motivo non ha avuto problemi nel rimescolarle.
Alice nel paese delle meraviglie è diventata una splendida e solitaria ragazza dagli occhi scavati, un'adolescente inquieta preda di sogni allucinati in cui animalesche creature seducenti si avviluppano intorno al seno, dietro le spalle, sulle gambe. La leggerezza di sottovesti di organza cammina a fianco a tristi pigiami forse usati da qualche bisnonno mai incontrato (o forse incontrato) mentre una lanterna magica proietta sulle pareti stranamente rotonde della stanza da giochi figure poco rassicuranti. L'universo delle favole, incontenibile trend di stagione, trova dalle parti di Via Bergamo una rilettura vetrificata, quasi morbosa.
E a tratti scatena lo stesso senso di colpa che sentiamo quando, inconsapevoli, affondiamo nelle pagine della lolita di Nabokov, nelle descrizioni malate dei suoi vestiti di pizzo, dei suoi capelli leggeri e la cosa, nostro malgrado, ci piace.

mercoledì 19 settembre 2007

Ittierre, vertici indagati per 1,3 milioni di euro di agevolazioni fiscali

L'azienda è al centro delle indagini della procura della repubblica di Campobasso per aver aggirato le leggi sull'import-export di tessuti e di capi d'abbigliamento...Secondo gli inquirenti Ittierre avrebbe acquistato tessuto dall'Est asiatico per poi consegnarlo a laboratori di confezioni di Tunisia, Marocco, Turchia, Romania e Macedonia attestando la provenienza comunitaria dei semilavorati ottenendo tra il 2003 e il 2006, grazie a certificazioni false, agevolazioni fiscali per un valore complessivo di 1,36 milioni di euro.

da MF Fashion di oggi

sabato 15 settembre 2007

voguethical


Difficilmente la parola etica si associa ad un giornale di moda. Questo perchè nella confusione di significati che attribuiamo al termine sembra improponibile avvicinarla ad un messaggio visivo che di solito veicola prodotti.
La moda, che ostinatamente continua a raccontarsi solo attraverso immagini fotografiche, non ha l'abitudine di far passare altri contenuti se non sè stessa che guarda sè stessa.
Esistono pochi giornali che si muovono in questa torbida melma semiotica non solo conoscendola ma tentando di ribaltarne il significato, respingendone a lato l'apparato pubblicitario, e strutturando un livello di comunicazione che va al di là dell'offerta di oggetti.
Il mondo è invaso da prodotti che di per sè non hanno nessun significato. Giornali e fotografi nè amplificano il valore, a volte lo creano dal niente.
Vogue Italia è un giornale amato da chi lavora nella moda ma anche odiato, perchè si concede la libertà di negare quello di cui vive.
Chi ha dato un'occhio anche veloce al numero di Settembre non ha potuto fare a meno di scontrarsi con la potenza delle immagini del servizio sulla guerra di Steven Meisel.
Improvvise, sporche, scioccanti, modaiole fino all'osso.
Non c'è protesta riguardo alla situazione ancora in atto, nè tentativo di informazione.
Solo un'attenta ricostruzione documentaristica delle condizioni dei soldati in Iraq proiettata sul set di uno shooting di moda. Il sacro e il profano vengono mescolati coscientemente. Il significato etico viene forzatamente eroso. La portata emozionale azzerata.
Meisel lascia che la moda tolga l'odore di morte dalle sue fotografie.
Ma non per creare una vuota esaltazione visuale.
Il risultato è una lastra di vetro opaca attraverso la quale distinguiamo la nostra capacità critica, nella quale vediamo riflesse le quotidiane immagini televisive ammorbanti e dalla quale nascono riflessi accecanti che forse colpiscono la nostra coscienza.
Non c'è risposta in queste immmagini. E non c'è neanche domanda.
Come sempre in Meisel l'estetica schiaccia l'etica consapevolmente. L'osservazione diventa sguardo. Il niente diventa tutto.
Lo straordinario è vedere accadere sulle pagine di un giornale di moda quello che molti fanno quotidianamente ma senza consapevolezza: ricostruiscono a propria immagine un mondo in cui è sempre più faticoso distinguere il bene dal male.


http://style.it/cont/vogue/home-vogue.asp

sabato 8 settembre 2007

flairethical

Immagino che dietro il concetto di etica stia il concetto di responsabilità verso l'altro da sè.
Dico immagino perchè non essendo un filosofo non ne conosco l'architettura semiotica fino in fondo. Ma mi viene da pensare che un atto sia etico se responsabile, se valutato, se inserito in un contesto a cui non fa male, anzi a cui magari fa bene.
Ma un atto può anche dare risultato zero. Cioè non cambiare niente. Lasciare le cose come stavano prima. Forse la peggiore delle fini.

Un servizio sul numero di Settembre di Flair mi ha fatto pensare.
E' un servizio di moda con belle foto di Jean-Francois Campos e styling di Mika Mizutani realizzato in una comunità di zigani in Serbia. Una comunità di zigani poveri, molto poveri, visibilmente molto poveri, in un paese il cui solo nome porta ricordi di guerra.
E' già poco comprensibile l'avvicinare il lusso più sfrenato alla miseria ma ancora meno comprensibile è l'approccio verso questo progetto raccontato da Elena Bellini:

"...Il primo giorno, in albergo, ecco il problema: non c'è energia elettrica, il parrucchiere non può lavorare. Panico: e adesso? Niente paura: i nostri nuovi amici ci hanno portati nel salotto di una casa..."
"...Presto sono diventati un festoso impiccio ( i bambini n.d.r.): Campos era assediato, Marta anche. Così, lampo di genio: Mika e io con le nostre piccole digitali, ci siamo messi a ritrarli. Loro erano felici..."

Mi domando quale sia il pensiero dietro questo atto.
Ma soprattutto mi domando se questo atto avrà un impatto positivo, negativo o zero sulle 162.000 lettrici del giornale. Si esalteranno, chiuderanno il giornale schifate o semplicemente, e forse tristemente, passeranno oltre annoiate?

martedì 4 settembre 2007

stefano pilati docet

Di fronte ad un sistema politicamente "corrotto" non avevo altro modo per giungere alla mia consumatrice se non con un manifesto.


ysl.com

maria laura rodotà docet

La profana che entra in un giornale femminile (a me è capitato, per dirigerlo poi, e hanno avuto tutti molta pazienza) come prima cosa si informa: "Ma perchè nelle foto non si vedono i vestiti? Perchè qui c'è solo l'immagine sfocata di una manica? Perchè la doppia pagina in mezzo a questo servizio è dedicata ad un cavallo?...Ma era proprio necessario mandare fotografo, redattrice, assistenti e modelle nelle savane del Kenya se poi ci troviamo con ragazze quasi invisibili perse in uno sterrato che sembra di stare a Torbellamonaca? Non era più economico andare a Torbella almeno?"...
...E' colpa di tutti. Del circolo vizioso tra giornali-fotografi-inserzionisti della moda. Diventato così autoreferenziale da escludere il punto di vista della lettrice-eventualmente compratrice. Che infatti compra sempre meno, sia riviste, che abiti, che accessori. Perchè, a furia di elevare l'immagine, la moda ha perso immagine. Non ha più la centralità di un tempo nei discorsi e nei desideri...

dal Corriere della Sera del 4 Settembre 2007