martedì 23 ottobre 2007

il bene in sè

Attualmente, il maggiore bisogno economico dell'America sono standard etici più elevati -- standard rafforzati da leggi severe e sostenuti da capitani d'industria responsabili.
George W. Bush, attuale Presidente degli USA, discorso sulla responsabilità aziendale - 9 Luglio 2002


Mi accorgo di non aver ancora detto quale rapporto ci possa o ci debba essere tra moda ed etica pur essendo quello il tema del blog e pur avendo scritto il primo post l'ormai lontano 17 agosto.
Non l'ho mai fatto perchè in qualche modo pensavo che fosse scontato. Ma google la pensa diversamente e rimanda solo siti di abbigliamento ecologico se sollecitato con queste due parole.E invece questo blog con l'ecologia o l'ecosostenibilità non ha niente a che fare. Ma tenta di far emergere le contraddizioni che ci sono tra pensiero, parola e azione di chi pratica il mondo della moda per professione o per diletto. Tenta di sostenere che esistono pensieri, parole ed azioni oggettivamente buoni ed altri oggettivamente cattivi. E che il distinguerli diventi sempre più complesso.

Purtroppo da quando avere una macchina ibrida o guardare il documentario di Al Gore è diventato salvifico molti hanno trovato un sistema per smettere di pensare o solo per ridirezionare il proprio pensiero verso concetti semplificati.
Invece spesso il cotone ecologico usato per fabbricare la t-shirt ecologica viene dall'altro capo della terra ed è trasportato da un jet non ecologico. Mentre il sudorifero poliestere nasce sotto casa nostra e non comporta spese di trasporto.
E questo è solo l'inizio della lista dei luoghi comuni. Che è purtroppo lunghissima.
Dentro ci stanno per esempio tutte le cattivissime direttrici di giornali che vestono prada, cattive che più cattive non si può da sempre, dominatrici dittatoriali di un universo inviolabile. Che nessuno si sforza di cambiare però.
Poi ci stanno le prezzolate quotidianiste di moda, onta e disonore della stampa italiana, a cui nessuno si sogna di togliere la pubblicità.
E giù (o sù) fino agli allegri enti organizzatori di sfilate e presentazioni che pestano i piedi ai deboli regalando visibilità ai forti che neanche una voce si leva a criticare.
Per arrivare infine alle istituzioni, sacre ma così sacre, da non essere tenute in considerazione da nessuno.

Il pensiero umano evita per default evidentemente ciò che gli sembra troppo complesso o incommensurabile con la propria capacità di comprensione.
Etico invece è lo sforzo di pensare diretto verso un'idea di bene in sè.
Che non dà necessariamente un risultato visibilmente etico, ma che del fatto che esistano comportamenti etici è il risultato.

2 commenti:

Loretta Bert ha detto...

I post che ho letto finora erano molto orientati al cuore del problema. Comunque, Andrea, hai fatto bene a precisare quale è il vero obiettivo del blog. Prima di tutto perché è verissimo che, se vai a cercare l'etica nella moda con Google, trovi storie di magliette fatte con cotone "equo e solidale", nel migliore dei casi, e poi ti fermi lì. Inoltre, c'è una ragione ancora più importante per cui è bene ricordare il vero obiettivo.
Passami il gioco di parole, ma l'etica è...di moda. Qualche anno fa, interessandomi di etica negli affari, mi ero addirittura iscritta ad una mailing list americana denominata "Business Ethics". Leggendo e studiando qua e là, ho trovato di tutto: dall'economista indiano A.Sen, autore di "Etica ed economia", che tiene lezioni bellissime su un nuovo modo di fare economia, alla Banca Etica (quella che ha permesso di sviluppare operazioni di microcredito particolarmente interessanti, indirizzate a favorire il nascere di piccole imprenditorialità, soprattutto nel settore tessile, nei paesi più poveri del pianeta). Si parla anche di bilancio sociale, di certificazione etica e di tante altre questioni. Ad un certo punto, però, andando a rimestare le informazioni colte un po' qua un po' là, sorge un dubbio. Sembra che qualcuno abbia fiutato l'affare e ci sia messi a...cavalcare la tigre , facendo dell'etica un business orientato allo sfruttamento dell'impatto emotivo, a favore dei soliti noti... Faccenda alquanto inquietante!
Purtroppo, c'è sempre chi cerca di attaccarsi ad una bandiera di comodo per perseguire unicamente i propri interessi. E' qui che il tuo richiamo a riflettere liberamente sul concetto di etica diventa particolarmente importante.
Non etica perché è di moda, ma etica perché è l'unica cosa che garantisca un ritorno concreto sul lungo periodo.
Il bene in sè, come tu lo chiami, è l'unico modo razionale e concreto per produrre risultati.
La solidarietà organizzativa dovrebbe essere alla base di ogni istituto umano, non solo perché è "bella" ma perché, alla fine, conviene a tutti e si traduce in risultati interessanti sia per il sistema impresa sia per coloro che nell'impresa lavorano.
Questo tuo richiamo all'etica, nel vero senso del termine, mi ha davvero emozionato. Ci credo molto e sono sempre felice quando incontro qualcuno che vuole andare a fondo e al di là dei soliti discorsi di maniera. Parliamone tutti, scambiamoci idee e riflessioni. Abbiamo bisogno di ritrovare l'etica del lavoro e di "contagiare" quante più persone possiamo!

Anonimo ha detto...

Ho sempre trovato che la Moda per sua stessa natura non possa essere etica. Mi spiego, non mi riferisco ai processi o alle relazioni tra le persone, nè tantomeno alla percezione che spesso i consumatori meno accorti possono avere nei confronti di iniziative "furbe". La moda rappresenta, e credo debba rappresentare, il desiderio, un'espressione creativa, una libertà espressiva e, per alcuni anche di denuncia, ma non può e non credo debba assumersi un ruolo sociale che altrimenti rischia di offuscarne la reale centralità.
Non fraintendemi non sono ovviamente in disaccordo con i principi di cui parlate, al contrario, ma penso sinceramente che alcuni elementi non possano essere convergenti, quantomeno non sempre. C'è una frase interessante scritta da Flugel negli anni '30 che mi affascina ancora: "Lo scopo dei vestiti dovrebbe essere quello di assicurare il massimo di soddisfazione che può accordarsi con il "principio di realtà" - (Il principio per cui le nostre soddisfazioni si fondano su un riconoscimento di fondo del mondo reale, non sulla sua distorsione o sulla negazione dei suoi aspetti più sgradevoli). Sarebbe già molto non trovate?